"COME USCIRE DALLA CRISI"


Prezioso studio dei comitati ambientalisti consegnato nelle mani del ministro dell’Ambiente. Nel documento importanti “osservazioni” e proposte di miglioramento del piano elaborato dalla Regione


Le sezioni dei Verdi di San Nicola la Strada, Maddaloni, Lusciano, Pastorano, Carinaro e San Cipriano d’Aversa, il Comitato Emergenza Rifiuti di Caserta- San Nicola-San Marco-Maddaloni, l'Assise del Palazzo Marigliano di Napoli e numerose altre associazioni ambientaliste tra cui ricordiamo Italia Nostra, Legambiente, LIPU, WWF, Terra Nostra, Comitato di Lotta alla Piattaforma di Pignataro Maggiore, il Movimento per la Pace e l’Associazione Medici per l’Ambiente, hanno consegnato al Ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, in un incontro avvenuto alla vigilia di Natale nel capoluogo campano, una lettera accompagnatoria delle “osservazioni al piano regionale dei rifiuti ai sensi della legge 87/2007” elaborate dall’idrogeologo Giovan Battista De’ Medici, dal docente di diritto pubblico Alberto Lucarelli e dall’agronomo Giuseppe Messina nonchè di uno studio accurato su cinque aree a base argillosa (in provincia di Avellino), lontane dai centri abitati e dotate di strade adeguate, atte ad ospitare una discarica regionale “triennale” con relativi impianti di tritovagliatura, in modo da consentire la fine del commissariamento ed il ritorno ad una gestione delegata agli enti locali.
Ecco il testo della missiva, consegnata brevi manu anche all'On. Porfidia e all'On. Squeglia ed inviata via email anche al Presidente Prodi, all'On. Letta, all'On. Tommaso Pellegrino e all'On. Giacomo De Angelis:

«Osservazioni al Piano Regionale Rifiuti della Regione Campania con proposta di soluzione immediata all’insostenibile situazione di emergenza creatasi nella Regione.

Dopo 14 anni di emergenza nel settore dei rifiuti in Campania, si sta attraversando in questo periodo natalizio il più grave momento di crisi che il territorio abbia conosciuto, con roghi che producono diossina in ogni comune e con cumuli di spazzatura che raggiungono a volte il primo piano.
In questo momento, nel quale il nostro partito ha uomini insediati nei posti chiave del governo nazionale e degli enti locali in Campania, non riusciamo ad imprimere quella svolta virtuosa che farebbe percepire alla società civile la netta differenza tra il nostro modo di amministrare l’ambiente e quello di coloro che ci hanno preceduto.
Pertanto c’è bisogno più che  mai di quel salto di qualità che porti a decisioni coraggiose e inevitabili, costituite dal ritorno alla gestione ordinaria con responsabilità che devono essere restituite agli enti locali, individuando nel contempo dei siti da utilizzare per il tempo necessario, non superiore ai 36 mesi, a far andare a regime la macchina virtuosa che risolva una volta per tutte una situazione per la quale la nostra Regione è famosa in tutto il mondo e che ha oscurato i suoi innumerevoli pregi artistici, architettonici e naturalistici.
C’è bisogno, inoltre, di un ripristino della situazione di legalità perché troppe volte il ciclo dei rifiuti si è intrecciato con quello delle commistioni tra imprenditoria, politica e malavita organizzata, in cui gli unici che perdono sono i cittadini della Campania, i quali devono sopportare, specialmente nell’area a nord di Napoli e a sud di Caserta, un notevole tasso di incremento tumorale, di malattie allergiche e di malformazioni neonatali. Per risolvere tale problema la Regione non ha saputo far di meglio che abrogare le disposizioni contenute in una ordinanza del 2003 che individuava i comuni in cui l’alto contenuto di diossina impediva le coltivazioni e nei quali, tra l’altro, non era stata esercitata una adeguata sorveglianza, tanto che i terreni venivano regolarmente coltivati ed i prodotti tranquillamente venduti nei mercati; il tutto senza aver mai effettuato una seria e necessaria opera di bonifica dei territori inquinati.
Alleghiamo quindi un documento nel quale vengono proposte soluzioni serie, concrete ed immediate per uscire dall’emergenza, assieme ad una relazione tecnica prodotta dal Prof. De Medici, notissimo geologo ed idrogeologo della II Università di Napoli, il quale già dallo scorso febbraio ha individuato aree sufficienti a garantire in sicurezza lo stoccaggio dei rifiuti prodotti nella Regione per un periodo di almeno 36 mesi. Tale relazione era stata da lui consegnata al Dr. Bertolaso, il quale gliene aveva fatto espressa richiesta, ma alla quale non aveva poi dato adeguato seguito, preferendo utilizzare discariche poi rivelatisi illegali e pericolose come quella di Lo Uttaro di Caserta.
Ci dichiariamo fin d’ora a disposizione per qualunque chiarimento e/o apporto, al fine di contribuire per quanto possibile alla fine di un periodo che speriamo di non dover attraversare mai più».

Il documento, particolarmente esaustivo delle problematiche esistenti, si articola in diverse sezioni in cui vengono affrontati tutti gli aspetti della attuale emergenza. Dalle variabili di pianificazione del ciclo dei rifiuti (sostenibilità ambientale, sviluppo locale e competitività territoriale) al fenomeno della desertificazione, dai processi decisionali ai metodi per legittimare le scelte, dalla difesa dei prodotti tipici dell’agricoltura campana alle questioni “territorio” e “competenze”, lo studio traccia un excursus completo da seguire, secondo gli esperti che lo hanno redatto, per uscire dalla grave fase di stallo in cui ci si trova  indirizzando il futuro verso una soluzione che privilegi la salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica.
Allo scopo, assumono rilevante importanza gli “aspetti negativi da rimuovere nella proposta del piano rifiuti urbani” elaborato dalla Regione Campania, nonché i punti della proposta del piano che andrebbero migliorati.

Ecco cosa recita il documento al riguardo dei primi:

1) Lo scenario di piano ha pochi margini per poter reagire. In altri termini se si dovesse bloccare una sola parte del meccanismo, si bloccherebbe tutto il sistema. Sistema rigido dunque. La flessibilità prevista del 20% non appare sufficiente. Esempio il percorso progressivo di ammodernamento (reigegnerizzazione) degli ex cdr in TMB (trattamento meccanico biologico) appare molto esposto alle criticità connesse a situazioni emergenziali (manutenzioni straordinarie, scioperi, blocchi, ecc.).

2) Alcuni adempimenti sono posti come non vincolanti dal punto di vista temporali (es. Programmazione interventi a livello territoriale, programmazione costruzione impianti per le province; i programmi operativi; i piani di comunicazione, ecc.).

3) Non emerge la necessità di realizzare un altro inceneritore, previsto a Santa Maria La Fossa. Le eventuali eccedenze di cdr potrebbero essere convogliate nei cementifici esistenti (alle condizioni sopra riportate) per i quali sarebbe però obbligatorio produrre cdr normalizzato; si ricorda che i cdr diventeranno TMB (Trattamento Meccanico Biologico) tranne quello di Tufino che diventerà un termoessiccatore.

4) Squilibrio nell’ipotesi percentuale di r.d. programmata per le grandi aree urbane. Gli obiettivi sono troppo bassi per i comuni ad alta densità di popolazione (Napoli, Salerno, Caserta). Il piano dovrebbe imporre, da una parte, percentuali di r.d. più elevati e proporre, inoltre, dei sistemi correttivi per integrare i vari sistemi di raccolta programmata (es. per Ischia in estate, ecc.).

5) I criteri per la localizzazione degli impianti sono generici e poco definiti (il rapporto ambientale su questo punto andrebbe fatto proprio dai pianificatori del piano).

6) Esiste un problema circa le sinergie negative generate dalla presenza di impianti preesistenti (industrie insalubri, piattaforme per rifiuti industriali, ecc.) in aree magari destinate a ospitare quelli per il trattamento dei r.u. Sulla localizzazione degli impianti definitivi, oltre a prevedere un ristoro per la popolazione locale, sarebbe necessario introdurre il metodo “dialogico” (che, stando alla spiegazione fornita dalla relazione stessa, “si basa sull’attenzione al bene comune e sull’apertura alla partecipazione dei cittadini. Non si basa sullo scambio politico, quindi è trasparente. Richiede tempo e pazienza, tuttavia il risultato è più forte perché legittimato dalla gente che nel contempo acquisisce maggiore coesione come comunità e accresce la fiducia nelle istituzioni e nei decisori politici che hanno voluto attuare questo metodo. L’Amministrazione interessata che sa quali impegni dovrà assumersi nei confronti della comunità locale potrà operare con spirito sollevato e sereno senza ulteriori problematiche).

Questi, invece, i punti della proposta regionale che andrebbero migliorati:

1) Introduzione del sistema di raccolta “porta a porta” per tutti i comuni campani. Consentire solamente ai comuni di Napoli, Portici, Casalnuovo, Casoria e Aversa l’applicazione del sistema AU con obbligo del passaggio dal sistema AU a Misto o Porta a porta entro 24 mesi dall’avvio.

2) In ordine alla frazione umida destinata al compostaggio e da trasformare in ammendante o fertilizzante, appare strategicamente utile prevedere un protocollo d’intesa con le organizzazioni professionali agricole per il controllo della produzione del compost e poter fornire così la garanzia ai produttori agricoli sulla utilizzabilità del compost ai fini agricoli.

3) Il piano indica i criteri vincolanti dove non si possono fare gli impianti, affinché le province possano valutare tali aree. A tale proposito il rapporto ambientale di accompagnamento al piano (che si sarebbe dovuto elaborare contestualmente al piano e non dopo) fornisce ulteriori specifiche utili e che si propone siano accolte dal pianificatore, quali ad esempio i vincoli ambientali. Il rapporto, in sostanza, ha qualificato i criteri di localizzazione accompagnando per ciascun tipo di vincolo ambientale un’ipotesi di conseguenza applicativa.

4) Circa la reigegnerizzazione degli impianti ex CDR in TMB si propone di: a) prevedere una linea di separazione per la produzione di biogas dalla frazione umida fermentescibile; b) realizzare una linea di produzione per CDR di qualità da avviare ai cementifici e/o alle centrali elettriche opportunamente attrezzate. A tale scopo, mentre dovrebbero essere destinati un impianto TMB per ogni provincia, due dei sette impianti esistenti dovrebbero essere utilizzati quasi esclusivamente per lo spacchettamento delle cosiddette ecoballe da trasformare in CDR di qualità. In questo modo si eviterebbe: 
- di costruire un inutile quanto dannoso e incompatibile inceneritore a Santa Maria la Fossa;
-di liberare il territorio, in un tempo ragionevolmente certo, delle milioni di tonnellate di rifiuti singolarmente battezzate “ecoballe”.