Il Pellicano e il Casato Santoro tra Inquisizione, politica e congiure

 
Bellezze storiche ed architettoniche, visibili e nascoste, di San Nicola la Strada.
Lo stemma nobiliare posto all’ingresso del palazzo di Via Santa Croce numero dodici:
un importante solco nella memoria storica di Terra di Lavoro

-di Antonio Dentice d'Accadia per la rubrica "Angoli sannicolesi"-

 

Solitamente il becco del pellicano irrompe nel proprio petto e dallo squarcio sgorga il sangue di Cristo, offerto vino eucaristicamente ai tre piccoli, disposti frontalmente e pronti ad assumerne la sostanza. L’atto è comunione dal sacrificio, nel progresso dall’uomo all’Uomo, quindi Logos. Altre volte il pellicano semplicemente nutre le creature, senza necessità di (visibile) lacerazione. In ogni caso esso è l’emblema del casato Santoro (e delle linee derivanti).
La pietà dell’uccello bianco è il simbolo principe nell’araldica Santoro, di grande importanza nel casertano e in tutta la penisola. Il momento della carità si svolge dal Fratello Maggiore ai minori.
A San Nicola la Strada non sono inconsueti gli stemmi nobiliari posti all’ingresso dei vari palazzi (basti osservare lungo la Via Appia). Tuttavia uno stemma offre particolare connessione ai fatti dell’alta politica campana e romana, appunto quello del pellicano, visibile all’ingresso del palazzo in Via Santa Croce numero dodici (dai colori brillanti, probabilmente frutto di restauro). Osservando la pianta del palazzo (o più comodamente coll’ausilio di Google Map) spiccano le dimensioni, occupando buona parte del proprio lato di strada e incrociandosi, non a caso, col Vicolo Santoro.
I membri di questa importante famiglia sono tradizionalmente noti in vari contesti e cronache. Tra i personaggi di spicco della storia casertana troviamo il Cardinale Inquisitore Giulio Antonio (Ercole di Caserta, 1532 - Roma, 1602), che ricopre un ruolo primario nelle politiche della Congregazione, sfiorando addirittura l’elezione a Pontefice nel 1592. Egli è anche autore di un importante trattato sulle eresie, aspramente combattute, sollecitando alla pubblica esecuzione dei condannati al fine di scoraggiare la diffusione di idee contrarie alla Dottrina.
Ogni angelo proietta una sua ombra sul tessuto dei secoli, come anche la colta metodicità dell’Inquisitore, oggi giudicabile terribile. Nel Cinquecento i movimenti evangelici conoscono l’abiura o il rogo, alimentati dall’entusiasmo del Santoro, che assiste anche ai processi contro Tommaso Campanella e Giordano Bruno: “Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”. E’ proprio l’Inquisitore Santoro a chiedere al Senato di Venezia l’estradizione del frate domenicano a Roma. L’alto prelato si ritrova addirittura accusato di congiurare per l’assassinio di Papa Pio IV, poi scagionato.
Al di là dell’Inquisitore - tra luci e ombre - l’illustre famiglia ha lasciato un importante solco nella memoria di Terra di Lavoro e San Nicola la Strada ne conserva più di una traccia nei percorsi quotidianamente vissuti dai cittadini. A riguardo sarebbe interessante una ricerca approfondita sulla gestione del patrimonio e delle cronache politiche locali da parte del Casato, evitando tanto l’insipidezza di un semplice pallottoliere cronologico, quanto la fanfara puramente celebrativa. L’ideale sarebbe l’attualizzazione di certi fatti, leggendone il costante presente, tra meriti e demeriti delle vicende locali, provinciali e regionali.

Antonio Dentice d’Accadia





 

 

 

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