Dr. Olimpio Guerriero: “Il capitale umano dell’età”
La pregevole relazione dell’insigne medico casertano (già Primario presso l’ospedale di Piedimonte Matese) all’incontro organizzato dal Circolo dell’Unione di Piedimonte Matese con il Club per l'Unesco di Caserta.
Un tema decisamente di grande interesse, alla cui esposizione hanno partecipato medici di riconosciuto rilievo professionale. Si comprende tutta dal suo mirabile titolo (“L’età preziosa”) l’enorme importanza dell’incontro svoltosi lo scorso 16 marzo a Piedimonte Matese.
All’iniziativa, promossa dal locale Circolo dell’Unione presieduto da Carlo Grillo in collaborazione con il Club per l’Unesco di Caserta presieduto da Jolanda Capriglione, sono intervenuti il Dr. Luigi Santini (professore emerito di chirurgia generale presso l’Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” di Caserta), che ha parlato di “chirurgia del paziente anziano”, e il Dr. Olimpio Guerriero, chirurgo specialista in urologia già Primario della Struttura Complessa di Chirurgia Generale, d’Urgenza e P.S. dell’Ospedale AGP di Piedimonte Matese.
Di quest’ultimo ci pregiamo di pubblicare integralmente la pregevole relazione dal titolo “Il capitale umano dell’età”.
Il Dr. Guerriero, di cui conosciamo il carisma professionale e che la redazione del Corriere di San Nicola si onora di ospitare tra le sue “grandi firme”, ha sviluppato concetti essenziali sui quali si fonda una parte irrinunciabile del pensiero attuale riguardante questa delicata tematica.
L’illustre medico cita in premessa questa frase di Amadou Hampâté Bâ, scrittore e filosofo maliano vissuto dal 1901al 1991: ”Un vecchio che muore è come l’incendio di una biblioteca”.
E poi, spinto dall’impeto della sua inesauribile carica dai nitidi contorni umani, sociali e culturali, si lancia in una disquisizione che rappresenta un vero e proprio capitale di conoscenza.
«Nell' ultimo secolo – soprattutto nelle società economicamente più avanzate – la durata media della vita è aumentata in misura mai registrata nella storia dell'umanità. Questo fenomeno -dice il Dr. Guerriero- è il risultato di una serie di fattori: dai progressi scientifici in campo medico-chirurgico e farmacologico, al miglioramento delle condizioni di vita ottenuto grazie al sostegno dello stato sociale.
L’Italia è la prima nazione in Europa, per numero di anziani; la seconda al mondo, dopo il Giappone. Si calcola che tra cinque anni, tra denatalità e progressivo invecchiamento, l’età media degli italiani sarà di 50 anni.
Ma a che età si diventa anziani? Tempo fa, il riferimento era all’età della pensione, ma poi è stato progressivamente elevato. Attualmente la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) ha proposto una ridefinizione dell’età anziana, suggerendo che si consideri anziana una persona a partire dai 75 anni. Questa idea si basa sull’osservazione del miglioramento delle condizioni fisiche e cognitive degli anziani rispetto al passato. Bisogna prendere in esame non solo l’età cronologica, ma anche l’Età biologica. In sintesi, l’età in cui si diventa anziani può variare a seconda del contesto e delle condizioni individuali. Non esiste una risposta univoca, l’ età anziana è una realtà complessa e variegata che va dagli anziani attivi e in salute, agli anziani non autosufficienti, bisognosi di cure e assistenza.
Ma nella nostra realtà, le politiche sociali per gli anziani si sono spesso limitate al sostegno pensionistico, anziché facilitare la salute fisica, mentale e il benessere generale attraverso misure di sostegno alla piena integrazione degli anziani nel contesto socioeconomico. In questo scenario – in cui le risorse finanziarie pubbliche tendono a diventare sempre più un limite – gli anziani, o meglio gli anziani, per le organizzazioni pubbliche preposte all’assistenza sanitaria e all’assistenza, sono spesso percepiti come un’entità a sé stante, come se fossero un peso invece che una risorsa. Negli ultimi decenni, inoltre, la crescente crisi economica ha portato i governi a ridurre la spesa sociale in alcuni settori cruciali come la sanità e l’istruzione, rendendo difficile garantire livelli di performance adeguati ai bisogni e alle richieste delle fasce meno protette della società.
La drammatica esperienza della pandemia ha reso ancora più evidenti le contraddizioni esistenti, radicalizzandone gli effetti. Talvolta gli anziani sono stati condannati a morte prematuramente, forse anche per valutazioni di triage, ignorando consapevolmente che gli anziani siamo tutti noi, potenzialmente o di fatto.
Ma quanto vale una vita?
Per rispondere a questa domanda, nelle prime fasi della pandemia, la rivista britannica “The Economist” ha fornito una risposta razionale, in linea con la grande tradizione dell’utilitarismo anglosassone secondo cui “il bene è la maggiore felicità del maggior numero delle persone" e certamente ci sono casi in cui una comunità è costretta a scegliere “il male minore”, come nel caso di una guerra o di un’epidemia. Ma bisogna considerare che questo obiettivo però può confliggere con la felicità del “minor numero”, nel nostro caso le vittime della pandemia, solo per una cruda valutazione costi-benefici.
In Italia è stata scelta la strada opposta, con l’obiettivo politicamente dichiarato di salvare il maggior numero di persone, ad ogni costo! Questo orientamento si lega alla concezione universalistica e solidale del nostro Servizio sanitario nazionale, nonché al rispetto dell’articolo 32 della Costituzione che inserisce la tutela della salute tra i compiti primari delle autorità pubbliche. Siamo convinti che sia stata la scelta giusta per ragioni umane e morali, piuttosto che economiche. Inoltre, l’impegno a tutelare tutti, dai ricchi ai poveri, dai giovani che rischiano meno agli anziani che rischiano di più, rafforza la coesione sociale. In questo contesto sono emersi con chiarezza il ruolo e l’impegno dei medici e del personale sanitario nel fronteggiare la pandemia. C’è stato un gran numero di medici che, a causa della loro età, se non avessero svolto il ruolo sanitario, sarebbero dovuti rimanere a casa per ridurre al minimo il rischio di esposizione. Invece continuarono ad andare a lavorare tutti i giorni.
Questi vecchi medici si sono rivelati una componente essenziale e vitale, soprattutto perché in genere avevano esperienza con disastri, triage, processi decisionali complessi e gestione del personale. Pertanto, quando alcuni di questi medici più anziani sono stati infettati, le conseguenze sono state significative, non solo in termini di perdita della loro esperienza clinica e di presenza quando era più necessaria, ma anche di perdita di leadership e coordinamento.
È noto inoltre che ai medici anziani in pensione è stato chiesto di prendere in considerazione il rientro al lavoro durante l’epidemia di COVID-19 e molti di loro hanno aderito e alcuni si sono resi disponibili spontaneamente. In tutti i casi il loro contributo è stato prezioso, dalla consulenza per il personale più giovane, alla valutazione dell'utilizzo delle risorse, alla disponibilità a risolvere problemi clinici e organizzativi complessi.
Molti medici hanno perso la vita!
L’esperienza di questi anni difficili impone necessariamente delle riflessioni.
I cambiamenti della nostra società hanno reso la figura dell'anziano essenziale sia all'interno del nucleo familiare che a livello sociale al punto da definirla “Capitale sociale”: gli anziani sono attori di un “welfare di fatto” attuato all'interno delle famiglie (sostegno economico, servizi pratici, ecc...).
La valorizzazione degli anziani deve necessariamente passare attraverso la promozione di iniziative di invecchiamento attivo, il cosiddetto “Active Ageing” dal momento che spesso sono ancora in grado di produrre molto, attraverso la loro capacità di lavorare, di fare impresa. Ciò consente, inoltre, una fruttuosa integrazione tra gli anziani e i più giovani. Un esempio è la possibilità di un pre-pensionamento congiunto all’assunzione di un giovane e la stessa opportunità che hanno a loro volta i giovani di aiutare gli anziani nell'utilizzo delle nuove tecnologie.
L’active ageing significa in sintesi favorire un processo di invecchiamento delle persone teso al mantenimento delle capacità fisiche, intellettive, lavorative e sociali. La partecipazione attiva degli anziani alla vita della società è importante e svolge anche un ruolo di prevenzione del disagio e dell’esclusione sociale. Inoltre è un tentativo concreto di ridurre gli squilibri tra popolazione inattiva / attiva che derivano dall’invecchiamento e dall’insostenibilità economica dell’attuale modello di ingresso e di uscita dal mercato del lavoro.
Per valorizzare il “patrimonio sociale” degli anziani, si possono avanzare alcune proposte, come l’istituzione di:
-un‘Autorità indipendente dal governo;
-un’Agenzia governativa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
-un Ministero della Famiglia, degli Anziani, delle Donne e dei Giovani, che risponda ai bisogni delle componenti fragili della nostra società.
In attesa di veder realizzata una di queste ipotesi, prendiamo atto che è stato approvato dal CdM il 25 gennaio u.s. il “Decreto anziani 2024” attuativo della Legge di riforma dell’assistenza agli anziani “Patto per la terza età” (legge 33/2023), prescritta dal PNRR. Le principali misure sono:
-l’Assegno Universale Anziani, che racchiude ed assorbe tutte le agevolazioni verso gli anziani non autosufficienti, compresa l’indennità di accompagnamento;
-il Bonus Viaggi Anziani Over 65 Anni, iniziativa per favorire il turismo del benessere e il turismo lento, promuovendo gite a prezzi scontati;
-altre importanti disposizioni, come Nuove Misure di Prevenzione alla Fragilità, Tutela dell’Invecchiamento nei Luoghi di Lavoro, Novità per i Caregiver Familiari, Agevolazioni per lo Sport, Bonus Animali Domestici nelle RSA, Progetti di Servizio Civile dedicati agli Anziani, Aiuti per la Digitalizzazione.
Della prestazione universale potrà godere per il momento una mini-platea di circa 25mila persone, già titolari dell’indennità di accompagnamento, non autosufficienti, almeno 80enni, con un bisogno assistenziale ’gravissimo’, e con Isee non superiore a 6mila euro. Si tratta comunque di un provvedimento in fase di sperimentazione con un impegno di spesa di 500 milioni (250 mln per ciascun anno), con la premessa che se si sforerà da questo budget, le condizioni d’accesso potranno essere ulteriormente ristrette. Inoltre l’assegno di 850 euro sarà revocato (l’indennità di accompagnamento resterà comunque) se non dovesse essere speso, per retribuire il lavoro di cura e assistenza svolto da ’badanti’ o per acquistare l’assistenza da imprese di servizi.
Questa misura va senz’altro incontro alle situazioni più critiche di assistenza e indigenza, ma molto c’è ancora da fare per realizzare le condizioni di un reale “Active ageing”.
Nel frattempo, nell’ottica di sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica sull’argomento, le Nazioni Unite hanno scelto di celebrare, il 1° ottobre, la “Giornata internazionale delle persone anziane”».
Alla fine della relazione, il Dr. Guerriero riporta alcuni passi del discorso pronunciato sull’argomento dal Presidente della Repubblica on. Sergio Mattarella in occasione della Giornata Internazionale delle Persone Anziane 2020 (“Tutte le comunità hanno bisogno dell’apporto delle diverse generazioni. Ogni generazione ha un contributo indispensabile da portare al bene comune ... Tante volte sono gli anziani a insegnarci il rispetto dei valori, a ricordarci le radici, a indicarci la strada della dignità, della dedizione, della generosità. Il loro esempio in questo tempo difficile è un patrimonio straordinario che non dobbiamo e non vogliamo disperdere”) e della Giornata Internazionale delle Persone Anziane 2022 (“Se oggi viviamo in un Paese democratico, economicamente progredito, dotato di una Carta costituzionale che tutela i diritti inviolabili dell’uomo, lo dobbiamo agli anziani, portatori di un patrimonio di valori che abbiamo il dovere di consegnare integro alle generazioni future”).
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