In questo
paese non ci sono nata,
l’ho scelto per l’antica Strada.
Ormai al posto dei platani
ci sono tigli fioriti:
in primavera è un
trionfo di felicità.
Quando son venuta,
il tempo sembrava
che si fosse fermato;
un contadino con il traino incontravi;
e poi un altro con la zappa sulle stanche spalle,
con le mani sporche della sua terra,
della sua terra che amava
e, con tanto sudore, lavorava.
C’è un giardino rotondo
dove si incontra gente
di tutto il mondo,
ma un girotondo felice non fanno,
e le mamme per i figli
paura hanno.
Il mondo cambia, si sa,
ma è l’uomo che
decide per l’umanità.
Basta con questi mostri
dell’edilizia, che offuscheranno
le nostre case e il buio
compagnia ci farà.
Per un centesimo non
ci vendiamo il sole:
ai nostri figli
riscalderà il cuore,
quando noi non ci saremo più.
A noi basta questo,
organizziamolo bene, con civiltà
Lasciamo i prati,
e quando fioriranno
più di mille papaveri rossi,
tutti questo paese di più ameranno.
Fermiamoci qua, per carità!
Fra breve questo paese ce lo ruberanno,
perché scomparirà fra un agglomerato di
case,
che si chiamerà,
tristemente senza orgoglio,
Città…
(Maria Rosaria Masiello)
Leggo spesso le poesie vincitrici di concorsi
locali e nazionali. Sinceramente, poche mi piacciono.
Sono spesso… costruite…. meccanizzate…
impastate con verbi e vocaboli pescati nei più
prestigiosi dizionari anche enciclopedici… No,
decisamente non mi piacciono! La poesia, per me,
è soprattutto prodotto immediato della propria
spontaneità ed espressione lineare dei propri
sentimenti. Senza troppi fronzoli artefatti e
con tanta, tantissima e sincera passione.
Ecco perché un Paese Rubato mi ispira molto
di più di un sonetto in endecasillabi sciolti
che ha ricevuto, magari, una pergamena dorata o una
citazione altisonante da parte di una qualche
giuria composta, tra gli altri, da scienziati fissati
e presuntuosi.
(nc)
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