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La
pubblica amministrazione, organismo deputato all'erogazione
di servizi pubblici, il più delle volte produce insoddisfazione da
parte dei cittadini che amministra. A chi non è mai
capitato di imbattersi in un ufficio pubblico dell'Inps,
di un comune e così via, e di uscirne avvilito
o comunque pervaso da un senso di profonda insoddisfazione
o da un senso d'impotenza rispetto a regole burocratiche
di cui non riesce a comprenderne la logica?
E' un cittadino che è cresciuto, che si è evoluto
e che ha acquisito maggiore consapevolezza dei propri
doveri, ma anche dei propri diritti, rispetto ad un'amministrazione
pubblica inadeguata ed inadatta dalla quale pretende
il rispetto dei propri obblighi.
E' necessario che questo
vento nuovo investa anche la P.A. costringendola a
considerare i propri amministrati quali cittadini-utenti,
a sostituire alle procedure i processi, ai |
formalismi
le formalizzazioni, agli atti gli obiettivi, ad addivenire,
in buona sostanza, alla costruzione di un nuovo modello
di amministrazione che si caratterizzi per la centralità del ruolo
assegnato al cittadino e per la conseguente introduzione
di più incisivi meccanismi di partecipazione.
Quest'auspicata rivoluzione copernicana stenta a
decollare anche per resistenze interne e nonostante
la normativa sull'amministrazione degli enti locali,
che qui interessa, sia stata oggetto, in questi ultimi
anni, di una forte innovazione grazie al contributo
di due ottimi ministri della funzione pubblica quali
Sabino Cassese e Franco Bassanini i quali, considerando
la forza degli eventi ed in particolare la riduzione
delle risorse finanziarie disponibili a fronte di
bisogni e domande sociali di intervento crescenti,
hanno cercato di introdurre, all'interno degli enti
locali, nuovi strumenti gestionali.
I risultati non
sempre sono stati lusinghieri, non per colpa delle
leggi in materia, ma perché in
molti casi ci si è limitati all'applicazione
pura e semplice della norma senza acquisire quella
cultura, quella filosofia gestionale sottesa. Non
si è riusciti in pratica ad uscire dal circolo
vizioso di cui la pubblica amministrazione soffre.
Per intenderci, bisogna operare un parallelismo fra
aziende private e pubbliche.
Per l'imprenditore privato
una legge è vista
come un mezzo, come fattore limitativo delle proprie
scelte: ad es., per produrre alimenti c'è una
legge che impone di utilizzare quel tipo di materiale,
un'altra che impone di garantire un'adeguata sicurezza
ai dipendenti, e così via…
Tutto ciò inciderà pesantemente
sul raggiungimento degli obiettivi che sono facilmente
ipotizzabili: aumento del profitto, aumento della
quota di mercato, contenimento dei costi, ecc.
In
un ente pubblico la legge è, paradossalmente,
essa stessa obiettivo dell'amministrazione. E' la
logica adempimentale; perciò si lavora solo
per fare quello che la legge impone senza acquisire
nuove mentalità e senza approfittare delle
diversità culturali che sono presenti nel
mondo delle autonomie locali e che rappresentano
una ricchezza all'interno di quell'imprescindibile
valore dell'unità nazionale.
La legge 241,
meglio nota come al legge sulla trasparenza e sul
procedimento, rappresenta, nonostante sia datata
1990, la meno applicata, ma la più avanzata
tra le leggi “organizzative“ degli enti locali. Nel
comune di San Nicola la Strada essa è praticamente
sconosciuta, nonostante nel 1997 si sia proceduto
all'approvazione in consiglio comunale del regolamento
di attuazione col quale si è stabilito, fra
l'altro, che al cittadino che presenti un'istanza
debba essere comunicato per iscritto il nominativo
del responsabile del procedimento, l'unità organizzativa
competente, gli orari di accesso e, soprattutto,
il termine entro il quale il procedimento si concluderà.
Al regolamento è allegata una tabella contenente
i tempi massimi di conclusione di ciascun procedimento:
ciò rappresenta una prima”Carta di Servizi” per
il cittadino, un primo modo di operare per obiettivi
cui legare una vera politica incentivante dell'apporto
dei dipendenti. L'amministrazione Pascariello, colpevole
di non aver mai dato corso a tale strumento di democrazia
partecipativa, si accinge alla presentazione di un'altra
Carta dei Servizi del cittadino, confermando la sua
propensione ad operazioni di pura facciata, giacché non
sono stati attivati, all'interno della struttura
organizzativa, meccanismi di incentivazione del personale
legati al raggiungimento degli obiettivi e non erogati
a pioggia come purtroppo quest'amministrazione ci
ha abituato.
Queste risorse aggiuntive, che, ricordiamolo,
gravano sulle tasche dei cittadini, se utilmente
impiegate possono contribuire in modo positivo alla
soddisfazione dei cittadini di cui si parlava all'inizio
e non invece costituire un paravento alla dimostrata
incapacità di
quest'amministrazione di operare un uso razionale
della spesa pubblica in termini di efficienza e di
efficacia.
Spesa pubblica che sotto la guida Pascariello è cresciuta
a dismisura anche per la mancata attivazione dei
meccanismi di controllo di gestione che ha portato,
inevitabilmente, la spesa del nostro comune ad una
crescita esponenziale senza che ad essa si accompagnasse
una crescita qualitativa dei servizi erogati dall'ente.
Qual è il senso di una Carta di servizi, se
a monte non ci si è organizzati per la sua
concreta attuazione?
Altro denaro pubblico sprecato
in consulenza, convegni, buffet e simili? |