Il trasporto
delle pietre ebbe però giusto la durata
della costruzione della Reggia, ragion per cui
i locali adibiti a boverie vennero poi ingranditi
per poter essere utilizzati dal seguito della
corte reale.
Carlo III ed il figlio Ferdinando erano conosciuti
anche come grandi amanti della caccia e per
soddisfare questa loro passione acquistarono
una enorme quantità di territori (dagli
Astroni ad Agnano, da Licola a Calvi, dal Lago
Patria a Carditello, da Caiazzo a Maddaloni
e a S.Arcangelo, ecc.) che furono popolati di
selvaggina di tipo diverso a seconda delle caratteristiche
che essi presentavano: in queste zone sovente
erano innalzati nuovi edifici o adattate ed
ampliate vecchie costruzioni per consentire
la permanenza del sovrano e del suo seguito
durante le battute di caccia.
Così anche alla boveria di San Nicola
capitò lo stesso destino. Essendo la
zona molto vicina alla Reggia, quei locali vennero
ampliati e riadattati a quelle che costituivano
le esigenze della passione del re, e cioè
a luogo di riposo, cura e allevamento di cani
da caccia. Da qui il nome di “Canetteria”.
Volumetricamente la Canetteria si presentava
in un primo momento soltanto ad un pian terreno,
ove venivano ricoverati ed allevati i cani.
In seguito, per venire incontro anche alle esigenze
delle persone che si prendevano cura degli animali,
vennero innalzati un primo ed un secondo piano
(quest’ultimo ammezzato).
Il pian terreno è diviso in due zone.
La prima che dà su Via Appia è
composta di tredici bassi e retrobassi con un
androne centrale e tre piccoli cortili.
In essa vi alloggiavano le scuderie e le cucine
per i canettieri e i loro garzoni. La seconda
zona, invece, è composta di quattro cortili
e di undici bassi, dove sorgevano tre canetterie
( la prima ha un cortile e tre bassi; la seconda
due cortili e tre bassi simili; la terza, invece,
ha tre cortili e cinque bassi dall’ultimo
dei quali si passa ad un altro cortile piccolo
che ha l’uscita su Via Bronzetti).
Dei piani superiori, il primo era destinato
ad abitazione di tre canettieri, mentre negli
ammezzati alloggiavano i garzoni. Ogni canettiere
aveva una abitazione con cinque stanze alla
quale si accedeva per mezzo di due corpi scala,
uno situato nell’androne di destra e l’altro
nel secondo cortile a sinistra dell’androne
stesso. Il secondo piano (l’ammezzato)
era suddiviso in abitazioni più piccole
e di minore importanza e a seconda del grado
e del ruolo lavorativo del garzone vi erano
camere singole o doppie alle quali si accedeva
per una scala più piccola in continuazione
di quella descritta a destra dell’androne..
Il complesso, nonostante la sua straordinaria
origine, dopo la caduta dei Borboni ha continuato
ad essere riadattato ed adibito alle più
svariate funzioni, tra le quali anche quelle
di alloggi militari, per arrivare ai giorni
nostri a comuni abitazioni.
E’ veramente paradossale che nel mentre
ti trovi ad attraversare quei cortili e ti soffermi
ad ammirare, con enorme sforzo di fantasia,
quelle piccole dimore immaginandole nella bellezza
di quel periodo storico, all’improvviso
ti spunta sopra la testa un’antenna parabolica
che sta magari captando un documentario sulle
meraviglie architettoniche dell’era borbonica… |