Caserta come Napoli. Seguendo l’esempio della rete dei movimenti partenopei, si è costituito anche a Caserta, lo scorso 9 febbraio, il Comitato Civico in difesa dell’Acqua, allo scopo di organizzare una serie di iniziative di “resistenza” contro i tentativi di privatizzazione della preziosa risorsa.
Hanno aderito, oltre a numerosi privati cittadini, le associazioni Libera Caserta, Legambiente, Cidi, Associazione Giosef, Centro Daniele, Laborato riosociale Millepiani, Arci, Centrosociale ExCanapificio, Codacons, Lidu, Movimento consumatori, Centrosociale Temporosso, Casa dei Diritti Sociali e Ingrid Nogueira.
Le motivazioni che hanno portato alla nascita di un sì importante organismo civico trovano la loro ragione di essere innanzitutto nella constatazione, particolarmente realistica alla luce delle problematiche ambientali riguardanti il nostro momento storico, che l’acqua è una fonte di vita fondamentale, insostituibile, proprio come l’aria, e deve essere considerata un bene comune che appartiene a tutti. A nessuno, pertanto, né individualmente né come gruppo, dovrebbe essere concesso di farne una proprietà privata.
Ma l’input decisivo e determinante è scaturito dalla delibera approvata dall’assemblea dell’Ambito Territoriale Ottimale 2 Napoli - Volturno (comprendente Napoli città, parte della provincia di Napoli e l’intera provincia di Caserta), che ha affidato, il 23 novembre, il servizio idrico integrato ad una società mista, per il momento a prevalenza pubblica, con l’impegno di passare nel giro di due anni le quote maggioritarie ad un privato. Cosa significhi la logica del profitto nella gestione di un bene primario come l’acqua, è presto detto e ribadito dai promotori del Comitato: “aumento consistente delle tariffe, abbassamento degli standard sanitari, perdita secca di posti di lavoro nel settore (sono previsti almeno 1500 gli esuberi dell’ATO2), assalto delle multinazionali e dei comitati d’Affari al benecomune, rischio di infiltrazione degli interessi mafiosi come denunciato anche dal procuratore Vigna, riduzione della reteidrica e della relativa manutenzione per abbattere costi digestione (colpendo soprattutto le zone poco popolate) sono, forse, solo alcuni dei pericoli conseguenti ad un provvedimento del genere”, si afferma in un comunicato diffuso alla cittadinanza e ai mass media.
Il Comitato, in effetti, chiede l’annullamento della delibera e il blocco del bando per la privatizzazione, una gestione completamente pubblica (“in house”) dei servizi idrici di ATO2, escludendo qualunque ipotesi di società mista, che lascerebbe il timone in mano ai privati, nonché la ripubblicizzazione delle infrastrutture (come gli acquedotti) che la Giunta Regionale ha già dato in gestione a privati.
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